Quando fai domande, il tuo cervello ti ringrazia

In un mondo che invecchia sempre più veloce, ogni scoperta che promette di preservare la nostra giovinezza (soprattutto quella mentale) diventa preziosa.

E così, una recente ricerca dell’UCLA, University of California a Los Angeles ha riportato sotto i riflettori una qualità troppo spesso sottovalutata: la curiosità.

Lo studio ha osservato e dimostrato come le persone anziane che continuano a farsi domande, a esplorare nuovi argomenti, a mantenere viva la sete di conoscenza, mostrano una maggiore resistenza al declino cognitivo, compresa la malattia di Alzheimer.

Non parliamo di enigmistica o esercizi mentali forzati, ma di un interesse autentico e reale, di quella spinta interiore che ci fa desiderare di capire un po’ di più e di sapere, anche quando non serve a niente.

È un cambio di prospettiva potentissimo: non si tratta di allenare la mente, ma di tenerla viva. La curiosità non è una prerogativa dei bambini, né qualcosa che si spegne inesorabilmente con l’età. È una scelta. Un modo per restare presenti, coinvolti, connessi. Chi si iscrive a un corso, chi impara a usare un nuovo strumento, chi legge con passione o fa domande per il gusto e la voglia di scoprire: tutte queste persone stanno, forse senza saperlo, costruendo una forma di protezione invisibile per il proprio cervello.

I ricercatori parlano di neuroplasticità, cioè della capacità del cervello di creare nuove connessioni. Ma al di là di questo, c’è anche una dimensione esistenziale: essere curiosi ci fa sentire vivi, ci aiuta a reinventarci e ad essere presenti, soprattutto quando la vita sembra rallentare.

È anche un modo per restare in relazione: chi si interessa agli altri, al mondo, alle nuove idee, resta aperto. E chi è aperto, solitamente invecchia meglio. Non è solo un tema sanitario, è culturale. È il modo in cui scegliamo di abitare il tempo che abbiamo. In fondo, coltivare la curiosità è forse uno degli atti più semplici e forti che possiamo fare ogni giorno. Leggere qualcosa che non conoscevamo, chiederci perché accadono certe cose, metterci sempre in discussione. Non per diventare esperti, ma per non spegnerci. Perché, come ha scritto qualcuno, non smettiamo di essere curiosi perché invecchiamo. Invecchiamo perché smettiamo di essere curiosi.


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