Marina e Ulay: quando l’amore diventa tutto

Marina e Ulay: quando l’amore diventa tutto

L’amore più potente è quello che sa trasformarsi in qualcosa di diverso. Qualcosa che resta anche dopo la fine.

Marina Abramović e Ulay sono stati questo. Due artisti, due anime legate da una passione che era fatta di silenzi e ferite. Non solo amanti, ma veri co-creatori di una forma d’arte estrema: la performance, dove il confine tra vita e arte si annulla fino a diventare indistinguibile.

Per anni hanno sfidato i limiti umani e delle emozioni: si schiaffeggiavano a ritmo ossessivo, si puntavano archi carichi al petto, rimanevano immobili per ore come delle statue viventi. Dicevano: “insieme siamo una creatura a due teste”, un’unità indivisibile. Ma come spesso accade con i fuochi troppo intensi, la loro unione cominciò a consumarsi e poi spegnersi. Il loro amore si frantumò, e loro decisero di farne l’ultimo grandioso atto artistico insieme.

Scelsero la Grande Muraglia Cinese come palcoscenico di questo addio. Lui partì da un’estremità, lei dall’altra. Mille chilometri a testa, circa novanta giorni di cammino, tra silenzi, ricordi, pensieri e forse qualche rimpianto. Per incontrarsi infine nel mezzo, in un punto che non era un inizio, ma una conclusione. Si abbracciarono, e si lasciarono.

Non si trattò di un addio straziante o caotico, ma di una performance sacra che trasformava la fine in un’opera d’arte. Una separazione fatta di corpi e di passi, in direzioni opposte.

Passarono ventidue anni.

Nel 2010 Marina Abramović sedeva al MoMA di New York per The Artist is Present, una performance minimalista e potente: stava seduta immobile su una sedia, per ore, invitando chiunque a prendere posto davanti a lei e semplicemente incrociare il suo sguardo. Niente parole, nessun gesto, solo una presenza. E fu allora che lui, Ulay, si presentò senza avvertire nessuno.

Quando lei aprì gli occhi e lo vide seduto di fronte, il tempo sembrò fermarsi. Il pubblico tratteneva il respiro. Marina sorrideva, poi piangeva. Gli prese le mani, senza dire nulla. Un dialogo silenzioso che raccontava una vita intera, una vita di amore, perdita, dolore, perdono.

Quel momento è diventato virale, è entrato nella storia dell’arte contemporanea come uno dei gesti più sinceri e toccanti mai compiuti davanti a milioni di occhi. Era un addio ma anche una testimonianza di ciò che resta quando le parole finiscono: la presenza pura, senza filtri.

Molte le influenze nella cultura pop contemporanea. Nel video di Crazy Love, Marracash ed Elodie — coppia nella vita e poi ex — riprendono e omaggiano “Rest Energy”, una delle performance più forti di Marina e Ulay: arco teso, freccia puntata al petto, equilibrio fragile tra attrazione e pericolo. Un momento che parla di amore, ma anche di controllo, potere e paura. Un secondo di distrazione e tutto finisce.

La loro storia ci ricorda che non tutti gli amori devono essere eterni per essere importanti. Che certe separazioni, trasformate in arte diventano una forma di bellezza che ci parla ancora e che non sempre si può salvare un amore ma si può salvarne il senso. E a volte, è già tutto.


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