Memorie di una geisha: profumo di Ko e silenzi di seta.

Memorie di una geisha: profumo di Ko e silenzi di seta.

Tra identità, apparenza e legami personali, come il mondo di Arthur Golden ci regala una riflessione ancora attuale.

Mentre leggevo questo libro, mi sembrava di sentire odore di incenso profumato nell’aria, gusto di sakè in bocca e il suono malinconico di un liuto giapponese nella stanza. Tanto era il trasporto che trasmetteva. Ci sono libri che seducono, che incantano e che ipnotizzano, e Memorie di una Geisha di Arthur Golden, a parer mio, è uno di questi.

Pubblicato nel 1997, è un romanzo che intreccia finzione narrativa con rigore storico, ed è ambientato nel Giappone della prima metà del Novecento. La voce narrante del romanzo è Chiyo, poi Sayuri: una bambina dagli occhi azzurri di un villaggio di pescatori, che viene introdotta — per volontà delle circostanze — nel segreto mondo delle geishe di Gion, quartiere di Kyoto.

La struttura narrativa calza perfettamente la storia che si racconta. Il libro è scritto come un’autobiografia e, nel prologo, Arthur Golden utilizza l’espediente manzoniano dell’autore fittizio. Jakob Haarhuis, studioso olandese, intervista la protagonista, che inizia a raccontare la sua vita, offrendo a noi lettori un punto di vista così intimo che solo chi ha vissuto quei momenti può dare.

Nel romanzo, l’identità non è un punto di partenza, ma una conquista. Chiyo viene venduta da bambina a un’okiya — una casa di geishe — ed è costretta ad abbandonare la sua infanzia, la famiglia, la sorella e persino il nome. Diventare Sayuri significa piegarsi alle regole, sopravvivere in silenzio e trasformarsi. Come lei stessa dice: “Conduciamo la nostra esistenza come acqua che scende lungo la collina, andando più o meno in un’unica direzione, finché non urtiamo contro qualcosa che ci costringe a trovare un nuovo corso”.

Come l’acqua, la protagonista impara a cambiare forma, a scivolare tra le difficoltà senza spezzarsi. In questo microcosmo di donne, infatti, ogni gesto è codificato: i volti truccati, i kimono raffinati, i movimenti misurati, persino il modo di mangiare e dormire. L’apparenza è tutto e, dietro la perfezione, si celano disciplina, fatica e rinuncia. Le geishe non si esibiscono per sé stesse, ma per piacere a uno sguardo esterno, spesso maschile, che decide il loro valore. Sayuri, però, ha un dono che la distingue: sa parlare. La sua intelligenza si esprime nella conversazione, nella sottile arte della parola. In un sistema che preferisce le donne mute e belle, il suo talento la rende diversa. La sua è una ribellione silenziosa, non dirompente, ma capace di generare cambiamento.

In questo contesto rigido, i rapporti tra donne sono complessi. C’è Hatsumomo, la geisha più ammirata dell’okiya, che vede in Sayuri una minaccia e fa di tutto per distruggerla. C’è Mameha, geisha esperta e famosa, che decide di prenderla sotto la sua protezione nel ruolo di onee-san, ovvero sorella maggiore: un legame formale tra una geisha affermata e una maiko, ovvero un’apprendista geisha. Un rapporto che però allontana Sayuri dai suoi desideri più intimi. E poi c’è Zucca, l’amica d’infanzia con cui Chiyo divide i primi anni all’okiya, il gioco e la solitudine. La loro amicizia si incrina nel tempo, ma resta il legame più umano e imperfetto della sua vita.

Anche l’amore, per Sayuri, è qualcosa che non può essere vissuto, solo custodito. Fin dall’infanzia, si aggrappa all’immagine gentile del Presidente, un uomo d’affari che diventa il centro silenzioso dei suoi desideri. Tuttavia, a Gion, l’amore non è contemplato: le geishe possono legarsi a un danna – un patrono che le sostiene economicamente – ma non possono amare liberamente, perché il coinvolgimento emotivo romperebbe l’equilibrio tra apparenza e controllo. “Non avevo diritto di desiderare, non più di quanto una bambola abbia diritto di sperare di diventare una vera bambina.”Eppure, Sayuri continua a sperare, perché per lei, il Presidente non è solo un uomo, ma un ideale: un amore intoccabile che giustifica ogni sacrificio.

Nonostante tutte queste tematiche siano calate in un contesto lontano nel tempo, rimangono straordinariamente attuali. La ricerca dell’identità personale e la trasformazione interiore che Chiyo affronta rispecchiano le sfide di chi, oggi, cerca di definirsi in un mondo instabile. Quanto spesso ci sentiamo dire dalle generazioni precedenti che siamo “confusi sulla nostra identità”? Noi siamo ancora nella fase in cui Chiyo deve decidere se restare nell’okia, oppure scappare per seguire sua sorella.

Inoltre, la tensione tra apparenza e realtà è fortemente presente nella nostra quotidianità digitale. Le immagini perfette che vediamo sui social non richiamano le geishe di Golden?  Anche le dinamiche di rivalità, solidarietà femminile e la libertà di amare liberamente in un sistema di giudizio continuo parlano della nostra generazione. Non è forse vero che anche noi donne moderne ci sentiamo, almeno in parte, definite dallo sguardo maschile? Quante volte, davanti allo specchio, ci siamo dette: “Vestendomi così piacerò a qualcuno”? Memorie di una geisha è straordinario non solo perché unisce magistralmente la ricchezza della cultura giapponese a una storia di formazione intensa e universale; non solo perché un autore uomo riesce a farci dimenticare della sua identità e ci regala una voce femminile autentica; non solo perché è scritto con delicatezza e ritmo, pur non essendo una lettura leggera; ma soprattutto perché è un libro che parla di noi, della nostra società, delle nostre paure e dei problemi attuali, perché riusciamo a immedesimarci e perché sentiamo come la protagonista.


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